giovedì 22 settembre 2011

Fuori dalla gabbia


La parabola dei talenti
Da bambina mi hanno raccontato una parabola della Bibbia.
Più o meno dice così:

Il padre diede tre talenti ad ognuno dei suoi tre figli e li lasciò soli. Al suo ritorno chiese: "che avete fatto dei vostri talenti?" Mentre due figli mostrano come li abbiano fatti fruttare, il terzo confessa di averli sepolti e dimenticati, per riprenderli solo al ritorno del padre.

Mi hanno insegnato che il terzo figlio ha sbagliato, ma non sono più d'accordo.


Ci insegnano che dobbiamo volere qualcosa.

Che la nostra vita deve avere un significato.
Che ci è stato donato del tempo ed è nostro dovere metterlo a frutto.

Ci ho creduto per trent'anni, e il risultato è stato solo senso di colpa e smania di successo.
E' ora di riflettere meglio.


Tempo e obiettivi
Nasciamo senza obiettivi.
Quando siamo piccoli il nostro esistere è semplice, concentrato, ogni istante racchiude tutto il nostro mondo. Amiamo, odiamo e desideriamo con tutta l'anima, e non abbiamo legami con il futuro e il passato.
Quando veniamo al mondo, la nostra natura è incontaminata e ci mostra per ciò che realmente siamo: esseri eterni.

I genitori, la scuola e tutta la società con gli anni ci insegnano a darci delle mete. Tutto il modo di vivere in cui siamo immersi funziona per traguardi, dall'istruzione al mondo del lavoro, allo sport.
Se non raggiungi un traguardo sei un perdente, ma almeno ci hai provato. Se non hai neppure un traguardo, la tua vita non ha significato.

Ci insegnano il tempo.
Il tempo non ha senso per un bambino, così come non ne ha per un animale o una pianta. Il tempo è un concetto umano, che ci viene inculcato dall'esterno. Chiamiamo "tempo" il passare delle stagioni e l'invecchiare, senza accorgerci che il vero nome di questi fenomeni è "cambiamento".
Il tempo ci fa pensare al futuro e ricordare il passato, ci fa avere paura delle conseguenze e portare rancore.
E ci mette fretta.

Quando scopriamo il tempo scopriamo inevitabilmente che la morte ci spaventa, perchè la associamo alla sua fine. La nozione di "tempo" è una delle gabbie più strette e crudeli in cui può essere chiusa la nostra anima.


Fuori dalla gabbia
Non so cosa sia stato davvero.
Qualcosa che ho letto, o la somma di tante esperienze.
Forse è solo che alla fine di una crisi c'è sempre una rivelazione che ci fa cambiare punto di vista, un meccanismo di sicurezza che ci salva e ci permette di andare avanti.
Non so cosa sia stato davvero.
Ma oggi ho realizzato che non ci sono obiettivi. Che non c'è un tempo.
Che nessuno mi giudicherà per l'uso che vorrò fare dei miei talenti, se quando li restituirò sarò felice di quel che ho fatto.

Oggi ho guardato indietro e finalmente ho visto la gabbia.
Mi accorgo di esserci ancora accanto, ma non più dentro.

Per ora voglio restare qui, godermi il cielo senza sbarre.
Che fare qui fuori -se qualcosa vorrò fare-, non ho fretta di deciderlo.